Come la nebbia grigia e opaca che,da queste parti,accompagna l’inverno,di rado qualche schiarita e poche ,lunatiche piogge,solo così le piaceva vivere: infagottate le emozioni sotto una coperta spessa,neanche un dito fuori e le energie da impiegare con calma,vagliando i pro e i contro,senza decisioni affrettate,poco rumore e nessun accidente. Non che il grigio fosse il colore che preferiva,anzi. Nata d’aprile,nel tempo in cui le stagioni avevano un loro fisso copione,ad una spettava la pioggia,ad un’altra il sereno,ad un’altra ancora l’afa, oppure il gelo,Lei soleva optare per abiti rosa, quel rosa carico dei rossetti da labbra o di certe vernici post-moderne e,così abbigliata,un po’ di trucco sugli occhi e un paio di orecchini,ingannava se stessa e le sue pacate ambizioni. Del resto aveva scoperto troppo tardi il fascino dei colori.Certi effetti d’arancio sulla pressione arteriosa o il giallo canarino per i cali d’umore,poco verde per non ingannarsi in un eccesso di speranza,un tocco di viola, data la superstizione ché,se un gatto nero le oltrepassava la strada,di notte era quasi certo che non dormiva. “Chissà cosa potrebbe succedere? Meglio se faccio qualche scongiuro!” Da ragazza invece guai ai colori! Vietato apparire,non si sa mai! “Non mi piaccio,non piaccio agli altri,non mi amano e quindi mi nascondo.” Ancora le ricordano quanto odiasse,d’estate,recarsi sulla spiaggia,tanto più in un bagno affollato di gente: troppi occhi,molti commenti. Così se ne stava da sola sotto l’ombrellone, nelle ore più calde,quando gli altri erano a pranzo e lei lo saltava per la fissa di dimagrire,con addosso per di più un cardigan di lana marrone. “In costume? Non ci penso neanche!” In questo modo un poco di colore in faccia lo guadagnava; sudando,qualche grammo lo smaltiva e non ci si doveva sforzare neppure di stare in compagnia,trovare gli argomenti,partecipare ai giochi o agli scherzi collettivi. Non si sentiva giovane come gli altri. O meglio si poneva troppi divieti,tremava al solo pensiero di doverli infrangere; non aveva mai detto una bugia. ” Figurati se posso andare in moto sino al Lido senza il permesso!” I rimproveri a casa forse c’erano o forse erano una scusa,di fatto la sua fu un’adolescenza senza sotterfugi,senza nuove esperienze nè i soliti contrasti. ” Non mi va! Andate voi.Un’altra volta!”: E via che passa il tempo,gli anni,gli amici. Oddio,qualcuno resta,si attarda ad insistere con la perseveranza di un benefattore ma i più cambiano strada.Anche le amiche hanno le loro storie,i consueti intrallazzi,la smania di conoscere. ” No,non me la sento! Andate voi.” Solita musica. Anche a scuola,avesse potuto non esserci! Invece il suo nome stava,come tutti gli altri,sul registro di classe,giusto a metà. Aveva un bel dire – Speriamo che finisca ! – Durò cinque anni quel martirio e dopo,si era ancora daccapo:studiare,gli esami,la laurea.
Cap. 0: Premessa
Una STORIA è composta di tanti brevi frammenti di eventi, di personaggi autonomi o dipendenti da altri, di spazi fantastici oppure reali, di dimensioni temporali fittizie o verosimili, di diversi punti di vista. Questa storia nasce e si alimenta in un percorso a ritroso, riflesso attraverso tredici ritratti sfumati, impreziositi da una cornice dorata, come lo sono tutti i ricordi, più o meno recenti e appesi con il chiodo profondo delle esperienze vissute sulla parete uniforme di un unico tempo di vita, una galleria di fatti, azioni, personaggi tutti, rigorosamente, al femminile, archetipi prediletti, forse Uno Solo, in quanto Donna, essere misterioso e adattabile, prodotto di un’epoca e della sua cultura, figlia del costume e delle abitudini, modello di comportamento di vita, tassello insostituibile del puzzle scombinato dell’esistenza, forma, figura, sostanza. Sono tredici per caso ma fors’anche per magia, quella che presiede agli eventi inconoscibili, li regola e li conduce, li dipana. Strano numero per dire la Storia che è parte di una Vita, il suo spessore, la sua unica consistenza. Un’esistenza al femminile senza che fosse scelta, eppure segnata, per così dire caratterizzata da molti punti fermi, anche se differenti, segmenti identici di una linea che tende all’infinito, pur non essendo retta ma sbilenca, spezzata, inframezzata da casi particolarissimi e insieme spettro di una generale condizione, proiettata su di un piano ortogonale a dimensioni incognite, mai conclusa, via via tangente a futuri ritratti, pur restando questi i fondamentali, dall’infanzia fino alla maturità, tappe basilari di un’evoluzione in cammino, che scorre in avanti ma passa continuamente per gli stessi punti, li avvolge con un abbraccio materno e toglie loro la polvere, li ridispone in bella mostra nella galleria aperta al pubblico e sotto ognuno di essi incide una didascalia, a fianco del nome e della data di composizione, provvede a dotarli di sistemi di illuminazione e di collocazione spaziale appositi, oltre a moderne ed efficienti apparecchiature di sicurezza. Una di queste è la registrazione a distanza di tutti i visitatori, muniti di regolare biglietto d’ingresso e privi di telecamere o macchine fotografiche che potrebbero alterare i dipinti o provocare irreparabili danni ai colori. Ognuno di essi è un dipinto raro, frutto della stessa mano oltrechè dell’innegabile preziosità del soggetto ritratto, qui presente con l’intero suo mondo, la sua vita, le sue esperienze. Spetterà agli estimatori riconoscerne i tratti affini oppure discordanti, appassionarsi più intensamente alle vicende di alcuni, meno di altri, pur se tutti assieme, a loro modo, risultano unici, invendibili, parte di una collezione privata mai esposta prima, opera d’arte o no, starà al visitatore e alla critica decretarlo. All’Autore spetta il doveroso compito di tutelarne la contraffazione eventuale.